Le "scritte" della Rava Santa Maria
 

 

 

 
   
     
 

Difficoltà: E (Media difficoltà)

 
 

Durata complessiva: +/- 1/2 ora (dal Rifugio Santa Maria)

 
 

Dislivello: +/- ...

 
 

Sviluppo totale: +/- 500 mt

 
 
 
 
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Per tutte le emergenze in zone montane, impervie o in grotta chiama il 112-118 oppure il 3486131300

 
 
 
 
 

… Il valore della pietra come elemento confinario inamovibile ricorre pesantemente nella definizione del confine tra Gorga e Sgurgola, dove entrano in gioco anche elementi mitico-religiosi.

La grande parete della Rava di Santa Maria diviene in questo senso il luogo dove si concentrano una serie di significati e memoria degli eventi. Sono proprio quelle ‘pietre’, segnate con croce di ‘scarpello’ che fanno ancora parte di una natura/cultura ambigua, che distribuite senza altre spiegazioni sulla montagna, assommeranno su di esse la memoria di eventi leggendari, quali testimonianza di tesori:

“… dice c’è sta pure una grotta a metà pietra, ci sarà pure tentato qualcuno, ma non c’è riuscito di entrare dentro, perché dopo la pietra fa così, esce in fuori e non ce la fai più a rinvenire di qua…”

Ed ancora:

“una credenza popolare radicata tra i gorgani, vuole che alla Rava Santa Maria, vicino alla Valle Forana, sia nascosto il tesoro dei briganti … ebbene riuscimmo a sapere che lì, in quel crepaccio alto da terra almeno 200 metri, c’è dell’oro dei briganti.

Ecco qual era il segreto per ritrovarlo. Guardi bene quella punta di roccia che sporge fuori … l’ha vista? Bravo. Ora ci avevano assicurato che nel punto preciso ove alle ore 10 del giorno 13 ottobre giunge la punta dell’ombra di quella roccia, lì c’è il tesoro.”

Per giustificare questa presenza si ricorre alla posizione dominante del luogo: “… infatti la Rava di Santa Maria è rimasta famosa perché era un posto dove i briganti si mettevano, la valle del sacco, lì si scopre, quindi da lì partivano le scorribande, quindi quella era necessariamente frequentata dai briganti …”

Eppure la Rava è contemporaneamente anche una delle soste di un pellegrinaggio, e riceve il suo toponimo, per un procedimento di nominazione analogica: “… Perché è una Rava alta, è dedicata a Santa Maria, perché Santa Maria nostra, stà in cima ad una rava alta, quella che stà a Gorga, è quella bassa, è sta in sopra ad una pietra alta, sopra un costone, e siccome sta sopra una pietra alta, dice questa è come Santa Maria, la Rava di Santa Maria, perché tu passi da Santa Maria, e poi vai a San Cataldo.”

La compagnia partiva quindi a maggio da Gorga per recarsi insieme a gruppi provenienti da tutti i Lepini, a Supino: “… passavamo a Morolo proprio, scendevi a Morolo, passavi dentro, poi c’è uno stradello che porta a Supino, questo a maggio, sempre a maggio, il 10 maggio, per San Cataldo … anche i pastori che stavano al Pratiglio scendevano a Santa Serena e via a Supino.”

La montagna si tramava quindi di vie con valore multisemantico, vie che vivevano nella calendarizzazione degli eventi: “… più che altro gli altri, perché i pastori dovevano stare con le bestie, ma le mogli, i figli … io mi ricordo quando ritornavano che era emozionante, che veniva uno avanti ed avvisava il parroco che i pellegrini stavano per arrivare, ed allora suonavano le campane, il prete con i chierichetti si facevano avanti, e tu vedevi questa schiera di pellegrini che entravano, fuori dal paese li vedevi, che cantavano, cantavano, le campane che suonavano, era un emozione enorme, tutti inghirlandati con la figura di San Cataldo, tutte le rose di plastica … le medagliette … allora noi ragazzini andavamo lì avanti a questi …”.

Lungo la via del ritorno la devozione ha segnato la sua presenza con la costruzione di edicole e chiesuole: “… c’era pure una chiesetta diciamo lungo la strada, allora faceva vedere u quadro, San Cataldo e qui sotto Gorga, lungo quella strada ripida, una chiesettuola piccola fatta dai fedeli, poi i fedeli davano un contributo al comune che la aggiustava, poi diciamo s’era comprato il quadro per San Cataldo, quello vecchio si levava, si portava alla chiesa, e se metteva lu nuovo, si cambiava ogni anno, quando passavi lo lascivi al loco, quando venivi indietro, toglievi chillo e mettevi lo nuovo dopo la festa, da Supino riparti la sera, alle 2 le 3, se no si fa notte per la via …”

L’orizzonte del sacro si pone e diviene così un’ulteriore strumento di orientamento. Eremi, santuari, chiesuole, croci, edicole votive, sono state e forse sono una fonte privilegiata di conoscenza e di memoria del territorio lepino. Come del resto lo sono le feste e le fiere in onore dei patroni locali che offrono un sovrapporsi fra scadenze temporali e circuiti spaziali; circuiti in cui prendono corpo una serie di incontri anche di intensa socialità e da condividere anche con altre comunità, dispersi nello spazio e nel tempo durante tutto l’anno.

Le immagini religiose le ritroviamo quindi distribuite o citate nello spazio che deve esserci familiare, a loro è richiesto di proteggere i nostri passi, ricordare la devozione pubblica e privata, rammentare le fondazioni di un dato ordine, ricordare la possibilità che il meraviglioso irrompa nella quotidianità.

E’ così che i luoghi sacri si connotano come esercizi di visione, esercitazioni per una corretta prospettiva del reale e dei suoi piani, che interagiscono secondo una prospettiva che è e rende peculiare la cultura che la concepisce e la preserva pur nella sua storicità. Lo studio in tal senso, come tratteggiato in questo intervento, si presta ad essere ovviamente approfondito, in modo particolare rispetto a molte zone dell’altopiano che non sono state prese in considerazione, e che conservano altre testimonianze degne di interesse, basti pensare ai molti pianori in comune di Carpineto: Campitelle, Toscanella, Campitelli alle zone del pozzo del Tolfo, valle Oscura ecc. tutti luoghi sedi di insediamenti agropastorali.

Anche dal punto di vista magico e rituale le prospettive di ricerca, sono notevoli, e portano a pensare possibile la creazione di una ‘cartografia’ tematica che permetta una rappresentazione del territorio, sotto una prospettiva ed una luce nuova, permettendo la molteplicità delle rappresentazioni e la georeferenziazione dei motivi tradizionali …

Nota: Nonostante il pellegrinaggio ufficiale non passi più alla Rava, sulla roccia di questa si conservano le tracce, sotto forma di firme, croci o altre testimonianze dei pellegrini, dal 1800 al 1990.

(Estratto dal documento: “Progetto Lepinia” di A. Benassi, A. Carnevale, P. Turrini, pag 150 e segg.)
 

 
 

Info per arrivare

 
 

C'è solo l'imbarazzo della scelta dell'itinerario per raggiungere il rifugio Santa Maria (935 mt) dopodiché in cinque minuti, seguendo il sentiero in leggera discesa che porta alla base della parete della Rava Santa Maria (segni), si raggiungono le “scritte” …

 
 
 
 
   
 
 
 
 

 
 

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